27/08/2013 ˑ 

Intervista con il team di Yuri Esposito

Posted by Biennale

Yuri Esposito è il progetto italiano selezionato per la fase finale di Biennale College – Cinema 2012/13. Meglio conosciuto come il film sull’uomo più lento del mondo, Yuri Esposito avrà la sua prima mondiale alla 70. Mostra del Cinema di Venezia il 30 agosto. Abbiamo incontrato il regista Alessio Fava e il produttore Max Chicco per intervistarli sulle difficoltà della realizzazione della pellicola.

INTERVISTA AD ALESSIO FAVA

Quali sono state le difficoltà tecniche che hai trovato durante le riprese?
Le riprese sono durate 3 settimane. L’idea iniziale era di 4 settimane, ma il budget non consentiva di andare oltre le 3. Difficoltà tecniche, fortunatamente, non ce ne sono state, tutto ha funzionato perfettamente senza alcun intoppo. La difficoltà enorme è stata girare circa 9 scene al giorno per un totale di circa 28-30 inquadrature; questo ha significato tenere dei ritmi veramente molto sostenuti senza la possibilità di dedicare minuti preziosi ai ripensamenti: le scene dovevano essere girate come erano state pensate, c’era pochissimo tempo per ripensare al découpage. L’incubo era sempre lo stesso: a fine giornata c’era sempre qualcosa da tagliare per la mancanza di tempo, quindi diverse volte sono state tagliate delle inquadrature, ma è anche successo che venisse tagliata anche una scena intera. È stata una battaglia contro il tempo. Sempre. Tutte le persone della troupe erano professionisti, quindi molto attenti e sempre pronti; se non fosse stato così non saremmo mai riusciti a girare un lungometraggio in così poco tempo. Quindi, una grande troupe ed una perfetta organizzazione hanno reso possibile questo film.

È il tuo primo lungometraggio: quali sono state le principali differenze rispetto all’esperienza dei vari corti precedenti?
Girando Yuri Esposito ho pensato che tutti i cortometraggi che ho girato nella mia vita siano stati propedeutici alla realizzazione di questo film. I corti che ho girato nella mia vita, comunque, avevano una cosa in comune con questa esperienza: il basso budget, quindi le stesse difficoltà nel voler fare tante cose cercando sempre il modo più giusto, economico e veloce per farle. La cosa più affascinante in cui un film differisce dal corto è la gestione mentale della storia e dello stile del film nell’arco di molti giorni di riprese. Ci vuole molta lucidità affinché un film sia coerente nella sua totalità. In un corto è molto semplice, le riprese avvengono nell’arco di 3-4 giorni, quindi la gestione mentale e visiva del progetto è molto semplice.

Pensi che, alla fine della produzione, la prima visione che avevi del film sia stata rispettata? È questo il film che volevi fare?
Il film è come l’ho pensato, come me lo sono “visto” i giorni prima di iniziare le riprese. Tutto era perfetto, le scenografie, i costumi, ecc. Posso quindi dire che sono veramente molto soddisfatto e orgoglioso del film che ho fatto, non avrei potuto fare di più col budget e il tempo che avevo. Come ho detto prima, avere avuto un po’ più di tempo mi sarebbe servito a dedicare maggiore attenzione ai particolari. Solo questo mi è mancato un po’.

INTERVISTA A MAX CHICCO

Quali sono state le difficoltà che hai avuto rispetto al tempo e al budget?
Penso che il ruolo del produttore sia quello di cercare di mettere in condizione il regista di raccontare la sua “storia”. In un film a micro-budget ogni richiesta dev’essere valutata e ben ponderata, ma se si vuole raggiungere un livello qualitativo alto, bisogna cercare di avere una visione a 360 gradi di quello che si sta facendo; essere pronti a fare scelte anche drastiche ma allo stesso tempo cercare di ottenere, dalle persone che si sono coinvolte, il massimo risultato. Nel caso di Yuri Esposito avevamo quindici giorni, quindi abbiamo dovuto fare delle scelte. Non sempre quelle produttive collimano con quelle registiche, ho cercato però di lasciare Alessio libero di poter esprimersi e raccontare la storia seguendo il suo punto di vista. La prima cosa che ho fatto è stata quella di mettergli a disposizione una troupe che fosse pronta a seguirlo: un direttore della fotografia, Alessandro Dominici, che potesse aiutarlo con la sua grande esperienza; un art-director, Giorgio Barullo, che capisse che tipo di stile il regista volesse mettere in scena; una costumista, Cristina Audisio, che sapesse bene come caratterizzare i personaggi. Il tempo può essere un nemico, ma può anche aiutare a essere determinati. In Italia purtroppo c’è l’annoso problema del costo del lavoro. Infatti la mia scelta è stata subito quella di organizzare una produzione in “regola”. Questa “regola” ha tagliato di circa il 40% il nostro budget. Quando parlo di scelte drastiche non significa non girare una scena, ma cercare di trovare un altro modo di girare quella scena.

C’è stato qualcosa in particolare che è andato meglio del previsto e che invece pensavi sarebbe stato un problema?
Da un punto di vista produttivo posso dire che è andato come mi aspettavo che andasse, anche perché molti professionisti coinvolti avevano già lavorato con me in altre produzioni e quindi ero tranquillo. Il film sulla carta è una cosa, poi sullo schermo può essere un’altra cosa. Yuri Esposito prima di tutto è una sfida produttiva che credo che abbiamo vinto.

Un dettaglio dell’esperienza che ricordi e vuoi condividere.
Ricordo la prima volta che arrivammo all’Isola di San Servolo dove si svolgeva il primo workshop di Biennale College – Cinema; era una mattina fredda e piovosa. Il vaporetto si avvicinava lentamente alla banchina ed io ho pensato che questa avventura sarebbe stata lunga, lunga, lunga. Il successo di essere stati scelti, poi, mi ha confermato che un’esperienza cosi mi avrebbe segnato. È stata la prima volta, in tanti anni di lavoro, che ho avuto la possibilità di confrontarmi con dei grandi professionisti, discutere, capire, parlare di cinema e non solo. Credo che l’esperienza di Biennale College – Cinema sia un’esperienza da punto di non ritorno.