Il panel dedicato a Biennale College – Cinema si è tenuto al Lido alle 15 di lunedì 2 settembre 2013. L’argomento della discussione è stato “Biennale College Cinema – L’Orizzonte Internazionale”. Peter Cowie, moderatore del panel, ha iniziato mettendo l’accento sulla natura unica del programma di Biennale College – Cinema – ovvero mettere a disposizione un fondo per l’intero budget di 3 lungometraggi, seguendoli per tutto il periodo di sviluppo e produzione, per poi proiettarli ufficialmente alla Mostra.
I registi hanno dovuto lavorare entro severi limiti di tempo e budget, e comunque tutti sono riusciti a girare film che meritano la proiezione a un festival come quello di Venezia, ma – e questa è la domanda importante – riusciranno adesso ad avere un futuro sul palco internazionale? Ovvero: che tipo di sfida sarà quella di assicurarsi una distribuzione e un’esposizione al di là dei festival cinematografici e, in particolare, qual è il futuro di questi film nella scena fondamentale nord-americana?
Savina Neirotti, responsabile del progetto, ha spiegato che assieme ad Alberto Barbera e al loro team hanno selezionato i finalisti in base ad un trattamento, ad un video di presentazione e al budget. Durante gli incontri a Venezia con i 15 finalisti, hanno potuto capire quali team avrebbero potuto portare il progetto a compimento. Tuttavia ha dichiarato che Biennale College – Cinema continuerà a monitorare il progresso degli altri 12 team finalisti e i loro progetti.
Aditya Assarat, produttore di Mary is Happy, Mary is Happy, ha dichiarato che assieme al suo regista ha aderito totalmente alle regole imposte da Biennale College – Cinema. L’idea iniziale per il loro film era di girare un’opera composta da 1000 clip da 5 secondi, perché viviamo nell’era di Youtube e anche solo dopo un minuto la maggior parte delle persone si spazientisce e vuole cambiare video. Così com’è, i 410 tweet che hanno deciso di tenere formano un film da 2 ore e 5 minuti, che hanno deciso di non accorciare ulteriormente.
Tim Sutton, regista di Memphis, ha dichiarato che ha sempre voluto fare un film su musica e follia. Si è sentito molto a suo agio con Biennale College – Cinema, che definisce una sorta di “nave ammiraglia”, ed era a suo agio anche nel fare un film d’arte per un’organizzazione come la Biennale. Ha apprezzato i raduni a Venezia a gennaio e febbraio perché ciò significava che per circa 2 settimane avrebbe potuto sviluppare il progetto senza interruzioni, mentre altrimenti è impossibile di solito investire tutto il proprio tempo per un film a basso budget.
Alessio Fava ha detto che originariamente il suo Yuri Esposito era stato concepito per il formato scope, perché assieme al suo direttore della fotografia voleva mostrare quegli elementi al di là dei primi piani che formano sostanzialmente il cuore del film. Il regista ha usato la RED camera.
Stephanie Zacharek, principale critico cinematografico del The Village Voice di New York, ha spiegato che il suo giornale fa parte di una catena di 11 giornali alternativi degli Stati Uniti, e che la sezione cinema di questi giornali regolarmente porta un buon introito. Ciò le permette di scrivere di film come quelli prodotti da Biennale College – Cinema. Stephanie ha dichiarato di essere rimasta molto impressionata dalla professionalità dei tre film, e dal loro ritmo ponderato e attento.
Richard Corliss del Time Magazine di New York ha dichiarato che l’80% di ciò che scrive appare su Time.com, segno della migrazione della carta stampata verso il mondo di Internet. Gli è piaciuto molto Yuri Esposito e crede che possa avere più di una possibilità di trovare il suo spazio nel mercato nord-americano, e ha dichiarato che si tratta di uno dei 5 migliori film che aveva visto fino ad allora alla Mostra.
Mick LaSalle, capo redattore di Hearst Newspapers, ha dichiarato che ovviamente un film dev’essere distribuito perché lui possa recensirlo, anche se può menzionare quelli che non hanno ancora distribuzione in modo informale sul suo blog del San Francisco Chronicle. La sua speranza è che i tre film del College possano trovare uno sbocco nelle grandi città. Mick ha anche notato che queste tre opere non hanno nulla in comune se non quella delle circostanze in cui sono nate. Crede inoltre che nei prossimi anni Biennale College – Cinema possa diventare una specie di Sundance a Venezia.
C’è poi stato spazio per le domande del pubblico. Savina Neirotti ha dichiarato che, per quel che riguarda la selezione, il College non vuole favorire l’esperimento fine a sé stesso. Conta l’idea, e tutte le richieste sono state esaminate caso per caso, piuttosto che valutare i precedenti lavori di un regista, o venir colpiti dal fatto che un regista potesse contare su un produttore dalla vasta esperienza. Max Chicco, il produttore di Yuri Esposito, ha spiegato come il film ancora non abbia una distribuzione in Italia, e si è quindi appellato ai critici internazionali affinché ne scrivano.